Il rap è roba da ragazzini? Francesco Curci, noto come Francesco Paura, o semplicemente Paura, risponde con un secco “no” in formato 33 giri. “Slowfood” è un album alla vecchia maniera: un disco composto da canzoni che si legano tra loro in un tema personale.
Le tracce descrivono un percorso umano fatto di fumetti e videogames quanto di invettive sociopolitiche, radicazioni culturali, stati di coscienza e sofferenze del quotidiano. Ovviamente non manca la buona tavola, come il titolo suggerisce, in una sottile metafora che trova nella meditazione propria ai tempi slow la contrapposizione ad una società dominata dai fast food e da meteore che appaiano e scompaiono con la velocità dettata e suggerita da internet e dai file virulenti che hanno mandato in tilt il sistema. È importante fermarsi a riflettere e dare il giusto peso alle parole.
“Non si dica che con quest’ album Paura è tornato: io non me ne sono mai andato”, dichiara il rapper campano che in molti chiamano King Curci, noto come MC ed anche come artista eclettico. Difatti ha contribuito, oltre che alla crescita del rap, alla dimensione grafica del rock in Italia, firmando hit hip hop e le piattaforme web di gente come i Subsonica e i Linea 77.
Facile quindi che con lui ci sia un’orda di amici, tutti legati ad un concetto di tempo che ha una continuità col passato e si lega alla scansione della Gion propria allo spazio temporale dell’arte: dal poeta dell’hip hop italiano Ghemon al soul dalle intonazioni arabescanti di Raiz degli Almamegretta, fino ad esplorare le strade di quella Napoli che pare avere il suono di New York, tra le strofe magmatiche di Shaone e Cenzou, altri due grandi oldschooler partenopei. E non sono i soli ospiti, mancano all’appello MadBuddy e il giovanissimo Rocco Hunt.
Ovviamente non mancano neppure gli altri due terzi del progetto Videomind, ovvero Clementino e Tayone, che con Paura hanno il compito di far confinare rap e dance di ultima generazione, così come nel disco che li ha consacrati in terzetto tre anni fa.
L’orizzonte ritmico esplora tutto il perimetro dell’hip hop, dai classicismi della golden era fino alle moderne sembianze del trap, passando per dubstep e bass music. E se i produttori schierati, come Goldentrash dei Power Franchers, DJ 2P, Tayone con Blatta e Inesha, Ceri, Amon, Retro Hands, ecc. , rispecchiano questa scelta poliedrica, il duo che vede lo stesso Paura in veste di beatmaker ed arrangiatore (The Jawas) assieme a Daniele Franzese conferma l’ormai raggiunta maturità musicale di Francesco Curci.
La linea narrativa ne è la riprova: una notte che parte dal tema onirico ed introspettivo di Drive per arrivare poi, lentamente, tra storie di tutti i giorni e ragionamenti inconsueti, in crescendo, al clubbing più spinto. In mezzo ci sono la vita di un uomo e l’epopea dell’hip hop italiano, che procedono assieme, di pari passo, tanto sono indissolubili.
Il tutto disegna l’hip hop del nuovo millennio: c’è il blue note di Pensieri blu e l’uk garage da battaglia di Zombie. I momenti culminanti sono scanditi da una foto scattata al nostro mondo in crisi, per Apocalypse Now; e poi quella Non me ne frega che trasforma la nostalgia e l’intolleranza in una disillusione atta a costituire l’ennesimo step di un uomo maturo intento a fare i conti con la vita.
Un album adulto in sostanza. Un disco del quale cibarsi lentamente. Dodici canzoni che nutrono il rap italiano, come, del resto, Paura ha sempre fatto. Perché cambiano i suoni e i pensieri, ma certi MC restano una certezza.